Descrizione
Un superato pregiudizio culturale, peraltro diffuso solo nell’Italia del Novecento, ha teso a considerare la produzione della maiolica come un’arte “minore“. A giudicare dall’ampiezza e autorevolezza dei nomi e delle vicende raccontate e descritte in questo studio sulla maiolica ducale urbinate, si scopre quanto la produzione di questi oggetti d’arte non abbia mai avuto niente da invidiare alla pittura e alla scultura, e come sia stata per molti versi un genere prestigioso, sontuosamente impiegato come strumento di propaganda politica e decoro nobiliare, e persino come volano di sviluppo economico dai duchi della Rovere.
I tre saggi di cui si compone il volume mostrano infatti come i duchi abbiano utilizzato la maiolica per promuovere l’immagine e la considerazione del Ducato di Urbino commissionando pezzi e servizi utilizzati come doni per le più importanti corti europee, favorendo in questo modo la conoscenza e la considerazione delle numerose botteghe esistenti nello Stato, che poi ne producevano con profitto per il mercato.
Viene recuperata anche la figura di Giambattista Passeri che, pioniere versatile e studioso attento, attratto fin dalla metà del Settecento dalla “lirica maiolicara”, ne riproponeva l’attenzione al mondo degli studiosi e degli appassionati.
Tre le tematiche affrontate: il servizio in maiolica di Orazio Fontana e della sua bottega per il cardinale Inigo d’Avalos Aragona al tempo in cui era arcivescovo di Torino (1563-1564); il servizio in maiolica di Orazio Fontana e della sua bottega donato da Guidubaldo II della Rovere al padre Andrea Ghetti da Volterra (1560 ca.), con una digressione preliminare su Raffaello boccalajo urbinate. E infine Henri Delange, traduttore della Istoria di Giambattista Passeri, con qualche noterella sui lustri rinascimentali e del periodo romantico.
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