Descrizione
a cura di Giorgio Mangani
Sir Mountstuart Grant Duff era il rampollo di un’antica famiglia dell’alta Scozia. Essendo mingherlino e di piccola statura (un metro e sassantaquattro era una misura minima per i nerboruti boscaioli delle Alte Terre) non aveva mai pensato di servire la Regina nei prestigiosi reggimenti coi colori del suo clan e le grosse cornamuse nere a fiato continuo; e si era dedicato alla carriera politico-amministrativa in varie parti dell’Impero. Come governatore di Madras aveva ottenuto ottimi risultati nei suoi rapporti con la popolazione e i potenti locali, tenendo a freno la brutalità colonialista della polizia e dell’esercito; tanto che Sua Maestà lo aveva insignito della più alta onoreficenza per funzionari civili. Era un uomo abile, colto, curioso, aperto a tutte le novità che spuntavano nel mondo, capace di imparare da culture e idee diverse. E pur così scarso fisicamente, aveva fatto innamorare di sé una gran bella donna, anche lei di origine celtica, con gli occhi verdi e una gran massa di capelli rossi. Lady Grant Duff regalò al marito allegramente sei figli, senza che questo alterasse la sua bellezza. Persino Lady Monskswell, cognata di mia nonna, nota per la sua lingua tagliente, doveva riconoscere che era “la più bella quarantenne con sei figli mai vista.”
Lady Grant Duff era una donna emancipata, anzi libera, e s’interessava di molte cose, anche di politica e di suffragio femminile. Verso i figli aveva un atteggiamento tutto suo: adorava i neonati e se ne occupava intensamente fino a che non cominciavano a camminare e a balbettare; poi se ne disinteressava quasi del tutto. Il marito accettava i suoi comportamenti eccentrici con sorridente amicizia. E poi, per completare l’allevamento e l’educazione dei figli, c’erano schiere di nurses e d’istitutrici, e i collegi tradizionali per i maschi.
Contento di sé, della sua famiglia e del suo lavoro, Montstuart Grant Duff amava anche raccontarsi, e pubblicava, con buoni editori e qualche successo, commenti politici e diari sui suoi viaggi e i suoi incontri, ai quali premetteva una citazione di Renan: “on ne doit jamais écrire que de ce qu’on aime.” Fu nell’appartamentino londinese di mio cugino William-Larry che trovai uno schieramento di volumi di suo nonno Grant Duff, e ne tirò fuori uno intitolato Notes from a Diary (Ed. John Murray, Londra, 1898), per mostrarmi, a pagina 103 e seguenti, come questo nostro parente avesse invitato a colazione al suo club di Londra, per un’amichevole conversazione, il 31 gennaio 1879, l’economista e filosofo Karl Marx.
(Joyce Lussu, Le inglesi in Italia, pp. 158-159)