Descrizione
“Babele” è una fattoria non distante da Monte San Pietrangeli, nella provincia di Ascoli Piceno di fine Ottocento; un luogo ideale, come “le dodici querce” di Via col vento, dove si vive un’utopia di buon vicinato tra contadini e proprietari, i quali ultimi, in fondo, ad eccezione dell’abbondanza, non godono di una vita materiale troppo dissimile dagli altri.
Vi abita una strana famiglia di nobili di campagna presso la quale risuonano – di qui in nome della proprietà – i più diversi linguaggi: l’italiano dialettale dei conti Laurelli, padre e figlio, l’inglese della padrona di casa, lady Symour Laurelli e di sua figlia Giannetta, il tedesco della governante, il francese di alcuni ospiti permanenti della casa, il dialetto stretto dei contadini. Qui capita, casualmente di passaggio, l’affascinante lord Saint Quintin, scombussolando la vita sentimentale della bella Giannetta, che, a sua volta, ha rubato il cuore orgoglioso dell’ospite.
Le vicende del romanzo (vero feuilletton uscito a puntate con successo il Inghilterra, alla fine del secolo, e poi pubblicato in due tomi editi a Londra nel 1898) corrono dalla campagna marchigiana alla vita di palazzo degli aristocratici di Monte San Pietrangeli, agiata ma semplice e spartana (tanto che, quando il contino Silveri si reca a Londra a cercare il Milor inglese, viene scambiato per un pastore abruzzese), al lusso ed al comfort londinese, all’abbondanza dei negozi di Regent street, alla mondanità della tenuta inglese de “I cedri”, dove Giannetta viene ospitata dai parenti della madre quando la serenità della vita a Babele viene sconvolta da alcuni lutti.
Scritto con qualche riferimento autobiografico da Margaret Collier (una Jane Austen marchigiana, anche lei giovane nobildonna inglese impalmata da un bel garibaldino italiano, che già aveva rappresentato con lucidità la vita delle Marche di quei tempi nel fortunato La nostra casa sull’Adriatico), Babele è una contaminazione tra Orgoglio e pregiudizio e Via col vento, trasferiti tra i filari delle coltivazioni agricole e tra le mura degli austeri palazzotti dell’aristocrazia marchigiana di fine Ottocento.